Al mio ritorno dall’India desidero farvi partecipi di alcuni ricordi che mi si affacciano alla mente. Intanto mi ha fatto più effetto tornare a casa ad Alba, in questo nostro mondo di benessere e di sprechi, che non arrivare nel villaggio di Sennathur.
Chiudete gli occhi con me ed immaginate: l’accoglienza spartana e cordiale, il sorriso festoso dei bimbi, le premure delle suorine, la semplicità della gente, l’eleganza delle donne nei poveri saari variopinti; tutto contribuisce a creare un’atmosfera certamente primitiva, pur tuttavia autentica.
È, quello, un mondo arcaico e contadino, che noi non conosciamo più, dove i ritmi annuali sono scanditi dalle violenti piogge (là si dice: “prima del monsone”, “all’epoca del monsone”, “dopo il monsone”).
Nell’arco della giornata il tempo è dettato dai lavori nelle risaie, nelle piantagioni di canna da zucchero, nei magri pascoli: è inutile dirvi che a Sennathur ho lasciato il cuore.
Da sinistra: Sister Lima Rose, Driver, Padre Karikatt e Mino Dellapiana
Dispensario Medico
Alla missione la giornata comincia presto: c’è ancora buio quando la fila al dispensario medico si allunga silenziosa.
È la gente del villaggio, che ha bisogno di piccole cure: terapie varie come iniezioni, pastiglie, pomate, bendaggi. Arrivano presto per non perdere tempo nei campi, perché dalle undici del mattino alle quattro del pomeriggio il sole è implacabile; uomini ed animali si riparano all’ombra degli alberi.
Sono, quelle, ore di sospensione forzata dalle attività, di attesa che il caldo si attenui, di stordimento; ogni azione costa sudore e tanto vale riposarsi ed aspettare.
Le due stanzette del dispensario sono aperte anche di notte per le emergenze: febbri improvvise, dissenterie, morsi di scorpioni (annidati magari tra le stuoie srotolate a terra per dormire) doglie anticipate, malori.
C’è una lucina sul davanzale accesa tutta la notte: basta bussare e Suor Joceline è lì pronta e paziente ad accogliere premurosa chi ha bisogno di lei, siano hindu, cristiani, musulmani.
Nel dispensario ci sono tre lettini, una piantana per le ‘flebo’ ed uno scaffale con poche medicine (graditissima è stata la mezza valigiata di materiale sanitario, dono provvidenziale di una generosa amica farmacista).
Asilo Nido
Verso le otto del mattino arrivano, alla spicciolata, mamme papà nonni, con in braccio i bimbi più piccoli del nido. Alcune ‘tate’ con le suore li cambiano, li lavano, danno loro un bicchiere di latte e loro, piccolini, fanno tenerezza, perché vogliono la mamma, si disperano come tutti i bambini del mondo… ma intanto il latte non viene sprecato.
Alle dieci c’è la distribuzione di un biscotto, o di una bananina, o di un pezzo di canna da zucchero da succhiare.
Poi c’è il sonnellino su una stuoia, tutti insieme come una cucciolata e, verso mezzogiorno, inizia il rito del pranzo: imboccati come uccellini, i bimbi stanno seduti in circolo, fermi fermi, con la bocca subito aperta quando passa il cucchiaio di pappa: e nessuno perde il colpo.
Verso le cinque della sera, si ripete il via-vai dei genitori che, tornando dai campi, vengono a riprendersi i loro bimbi. E, d’improvviso, scende la sera.
Asilo
I bambini dell’asilo, invece, hanno una sezione a parte, nel cortile. Maschi e femmine arrivano al mattino tutti belli e lustri, con un fiore tra i capelli, il segno rosso sulla fronte, scalzi come tutti, naturalmente.
Nell’aula non ci sono banchi, ma da quest’anno, ognuno ha la propria sediolina in plastica rossa. Il pranzo viene consumato nel cortile, seduti sotto una grande acacia ombrosa; un mestolo di riso bollito, un po’ di sugo piccante, qualche volta un uovo sodo, una bananina: è quello che ogni giorno mangiano, ma non avanzano né rifiutano niente!
Mi diceva Suor LimaRose che, per molti bambini, quello è l’unico pasto della giornata.
Scuola di Cucito
Verso le nove e mezza alla spicciolata, arrivano circa quindici ragazze del villaggio – qualcuna anche in bicicletta dai villaggi vicini – per seguire il corso di cucito: chi taglia, chi imbastisce, chi cuce a macchina, chi ricama.
C’è una donna, un po’ più abile delle altre, che fa da maestra ed insegna un mestiere prezioso per la povera economia domestica. Dopo avere finito il corso le ragazze potranno cucire qualche semplice vestito, contribuendo al risparmio familiare.
Chi avrà la possibilità di comperare una macchina da cucire (a pedale, certo!) potrà fare la sarta del villaggio.
La scuola
Ho visitato la scuola primaria di Sennathur e lì vorrei proprio portare i nostri bambini delle elementari!
Le aule non hanno banchi, si scrive per terra su lavagnette, ammucchiati in 40 o 50: qualcuno ha un quaderno con un mozzicone di matita, pochi hanno i libri, nessuno ha gli zainetti superfirmati come i nostri.
L’istruzione è quasi completamente orale; la maestra parla, spiega, insegna, fa ripetere e chi ha voglia ed intelligenza, impara; chi resta indietro o non è portato per lo studio andrà presto al pascolo.
Ho poi incontrato molti studenti delle Scuole Medie e Superiori, che da Alba vengono aiutati con l’adozione a distanza: sono tutti riconoscenti per il nostro impegno finanziario, consapevoli che potranno cambiare la loro vita ed avere un futuro migliore dei loro genitori.
La chiesa
L’esigenza maggiore che hanno a Sennathur in questo momento è quella di restaurare la vecchia chiesa. È un edificio isolato, vicino alla missione, con il tetto da sostituire perché fa acqua da tutte le parti, inagibile durante i mesi del ‘monsone’.
Viene utilizzato per le feste, le celebrazioni religiose, le riunioni, da una quarantina di famiglie cattoliche del villaggio. Il parroco viene, una volta al giorno, dal Paese di Random, che si trova a 15 km di distanza.
I capifamiglia – povera gente, pastori e piccoli contadini – metterebbero a disposizione la manodopera, ma chiedono il nostro aiuto per l’acquisto dei materiali. Aspettiamo il preventivo delle spese e poi vediamo che cosa si potrà fare.
Ringraziamenti
Da parte delle “Sisters of the Destitude” ( in italiano le “Suore degli abbandonati”) estendo a tutti voi il grazie più caloroso, per il costante aiuto che diamo loro fin dal 1987, attraverso l’autotassazione.
È inutile dirvi quanto sia determinante il nostro contributo, per il benessere non solo del villaggio di Sennathur, ma per tutta la zona circostante. Le attività umanitarie, svolte dalle suore con tanta dedizione, sono indispensabili per le popolazioni fuori-casta di un’area rurale già di per sé povera.
Chissà se qualcuno della nostra Comunità vorrà andare in India, per verificare di persona l’andamento dei nostri progetti?